Gli eccellenti Vadim Pavlov al violoncello e Luca Ferrini al pianoforte sono stati i protagonisti del concerto “Cello Resonances” organizzato dalla CPS nell’ambito della rassegna estiva “Corti e Castelli”.
A causa del forte vento anziché nella spettacolare terrazza del Museo Diocesano i due musicisti si sono esibiti al chiuso, in una sala della pinacoteca, davanti ad un’icona debitrice dell’arte e della spiritualità ortodossa, assolutamente in sintonia con la musica russa presentata al pubblico.
Compatto per ispirazione ed esiti espressivi l’impaginato proposto, con composizioni di tre musicisti accomunati dalla stessa matrice culturale: gli ucraini Bortkiewicz (1877-1952) ed Akimenko (1876-1945) e il russo Prokofiev (1891-1953).
Di quest’ultimo è stata eseguita la Sonata op. 119, che ha presentato un Prokofiev ben diverso da quello a cui siamo abituati e ben lontano dalle sonorità di “Pierino e il Lupo” o del balletto “Cenerentola”. Nella Sonata, piuttosto, Prokofiev mette in successione motivi marziali, temi epici, le sonorità dei soviet, il folklore delle campagne, il trionfo del comunismo e del popolo vincitore. Tutti temi particolarmente in voga nell’Unione Sovietica di Iosif Stalin, ambito nel quale la Sonata fu composta, nel 1949.
Prokofiev emigrò all’estero, esattamente come Bortkiewicz ed Akimenko, due compositori che furono molto celebri alla loro epoca e che poi, per ragioni politiche o altro, furono dimenticati anche nelle capitali straniere che li avevano accolti ed acclamati: rispettivamente Vienna e Parigi.
Considerati rappresentanti dell’espressionismo dell’Europa orientale, talvolta molto vicini al mondo sonoro di Ravel e Scriabin, questi due compositori ucraini furono autori di composizioni che, sebbene velate di folklore intriso di malinconia, sembrano scritte apposta per una committenza gaudente ed internazionale che, incurante di crisi o guerre, passa incessantemente dal salotto alla cena di gala, dal gran galà al valzer nel salone degli specchi. Certamente sono sonorità leggere ed orecchiabili ma, in sottofondo, si avverte una vena di inquietudine e nostalgia, sentimenti ai quali non si sottraggono mai gli emigrati, soprattutto se russi.
Una particolare impressione ha esercitato sul pubblico la Sonata op. 37 di Fedor Akimenko, eseguita al termine della prima parte del concerto. Con la sua sensibilità e frizzante leggerezza, con il suo spirito impressionistico che evidenzia le immagini caleidoscopiche delle danze, dei canti e delle favole russe, il brano ha quasi superato la celebre Sonata op. 119 di Prokofiev. La richiesta di bis ha confermato l’apprezzamento del pubblico, che ha voluto riascoltare questa composizione di Akimenko.
Merito del maestro Pavlov, che è russo di nascita, aver recuperato con indefesse ricerche nelle biblioteche e negli archivi esteri le partiture rare o addirittura inedite di Bortkiewicz ed Akimenko, che al Museo diocesano di Catania ha presentato assieme a Luca Ferrini per la prima volta al pubblico italiano. Il pubblico ha applaudito calorosamente e a lungo i due grandi artisti.
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