di Gloriana Orlano
“Da Staten Island a Marsala: la lunga marcia di Garibaldi” di Santi Maria Randazzo è un romanzo storico che si legge come un libro di storia tanta è la cura puntuale per la ricostruzione dei fatti, arricchita dalla citazione di documenti originali inseriti nel tessuto narrativo come parte integrante. Ma potremmo dire anche che è un libro di storia che si legge come un romanzo tanto è affascinante e avvincente, del resto ce lo ha insegnato Manzoni a miscelare vero storico e verosimile, grandi personaggi e gente comune, che non è passiva spettatrice ma pienamente partecipe degli eventi.
L’arco temporale in cui è racchiusa la vicenda narrata va dal 30 luglio 1850, quando Garibaldi arriva in America, a Staten Island, come recita il titolo, al 9 novembre 1860, la data apposta sulla lettera che scriverà ai suoi compagni d’arme per congedarsi da loro una volta che la sua missione si è compiuta nel rimettere a Vittorio Emanuele il potere dittatoriale sull’Italia meridionale che ha conquistato per lui.
Non sempre le vicende seguono un ordine cronologico perché con grande maestria, per vivacizzare la narrazione, l’autore ricostruisce molti episodi attraverso i ricordi dei vari personaggi.
Il romanzo si apre con la descrizione di quella che l’autore definisce “un’alba americana inespressiva cupa e nebbiosa“ che rispecchia lo stato d’animo di Garibaldi che è stato costretto dal governo piemontese ad andare in esilio. Lo aspetta un periodo di sradicamento, di difficoltà economiche che lo costringono ad accettare di lavorare nella fabbrica di candele di Meucci. Vorrebbe imbarcarsi ancora, vorrebbe tornare a solcare i mari e a combattere ma non ha i fondi e quindi attraversa anni estremamente difficili finché, riesce a riprendere il mare su una nave mercantile, il suo sogno comunque rimane quello di tornare in Italia per lottare per la sua unificazione e finalmente nel 1854 riuscirà a realizzarlo.
Sono anni frenetici, di attività sovversive, anche a Catania dove sono fomentate dalle segrete trame degli inglesi; anni in cui esplode un’altra epidemia di colera, e si diffondono persino fake news riguardo alla calce, con cui si usava imbiancare le case per disinfettare le pareti, (si era diffusa la voce che alla calce fossero state aggiunte sostanze velenose). E noi lettori viviamo in presa diretta tutto quello che accade, compresi i preparativi, gli incontri più o meno segreti “tessuti” dal Cavour, e la guerra di Crimea alla quale decide di partecipare per potersi sedere con i grandi al tavolo della pace e parlare dell’esplosiva situazione italiana.
Ma non è una storia di uomini soltanto, ci sono diverse figure femminili, e amori, intensi, passionali! Come quello tra Giuditta Bellerio Sidoli, “una fervente e attivissima patriota che aveva raggiunto il grado di Sublime Maestra nella società segreta delle Giardiniere”, e Mazzini, un amore durato lunghi anni.
Oltre agli incontri bollenti tra Mazzini e la Sidoli, ancora più piccante è la vicenda della bellissima e sensualissima Virginia di Castiglione che è inviata a sedurre Napoleone III e ne diventerà l’amante prediletta influenzandone per lungo tempo la politica.
Il libro di Randazzo, nell’allargare la sua indagine storica a tutti i componenti che contribuirono all’unificazione dell’Italia, dedica molta attenzione alle figure femminili, in certi casi dimenticate volutamente come è successo a Giuditta Belleri Sidoli, che è stata lasciata in ombra dagli storici per conferire maggiore rilievo a Mazzini, l’eroe solitario concentrato soltanto sui suoi ideali politici. La Sidoli invece fu una donna molto attiva politicamente che spese le sue energie e la sua vita per la causa dell’unificazione italiana, che trascorse lunghi anni in esilio per seguire Mazzini nel periodo della loro relazione, ma anche negli anni successivi, per sfuggire all’arresto che tuttavia non le fu risparmiato. Va ricordato tra l’altro che insieme a Mazzini fondò la “Giovine Italia”.
Anche se il romanzo è dedicato a Garibaldi un rilievo notevole è dato, come si è visto, alla figura di Mazzini e alla collaborazione esistente tra i due, e anche alle critiche che a volte si rivolgevano per il diverso modo di intendere la soluzione dell’unificazione d’Italia, almeno finché Mazzini non si rese conto di “quanto fosse necessario unire momentaneamente le sue forze a quelle della monarchia sabauda”.
Ma torniamo alle figure femminili. A più riprese Mazzini espresse la sua soddisfazione per la partecipazione delle donne, sempre più numerose e sempre più attive, alle iniziative del suo movimento, tra le quali ricordava con particolare ammirazione Adelaide Bono Cairoli che aveva sviluppato un forte ammirazione per le gesta dei carbonari alle cui attività aveva partecipato come messaggera. Il nostro autore ritiene che Mazzini provasse un grande trasporto per le donne in conseguenza dell’affetto provato per la madre. Le faceva innamorare, le amava tutte, ma non si legava a nessuna.
Una carrellata di figure femminili che a volte fanno solo un’apparizione fugace, come Demy, che rimane al fianco di Garibaldi per sole tre settimane durante il suo soggiorno a Genova; o Rachele, bella e sensuale che gli lancia sguardi intensi ma che lui respinge perché gli suscita più che altro un sentimento quasi paterno, e soprattutto perché gli ricorda Anita, morta 12 anni prima (4-8-1849) con il bambino che portava in grembo.
Dicevamo della partecipazione attiva delle donne al processo di unificazione e quindi tra queste non poteva mancare Giuseppa Bolognara che da sola, impadronitasi di un cannone, mise in fuga con astuzia i soldati borbonici, facendo credere che il colpo avesse fatto cilecca e investendoli in pieno appena si erano avvicinati, meritandosi così il soprannome di Peppa a cannunera, con cui è passata alla storia.
Le pagine del coinvolgente romanzo di Santi Maria Randazzo non sono percorse soltanto dalla passione, sia essa politica o amorosa, ma in più occasioni si aprono a parentesi di intenso lirismo come nel sesto capitolo intitolato “Giovanni va alla guerra”, in cui si descrive qualche scena della vita semplice dei contadini e della campagna, dove la ripetitività dei gesti di tutti i giorni è turbata da oscuri presagi che preparano, con una tensione crescente, quello che accadrà, anche se in realtà è quello che Giovanni ha già in mente, infatti mentre la moglie avverte degli oscuri presagi invece Giovanni ha già deciso di unirsi ai Mille che sbarcheranno a Marsala.
Un’altro momento lirico lo troviamo con la descrizione della preparazione della ricotta e della tuma, da parte di zu Cicciu ’u craparu, gesti semplici, operazioni quotidiane che ci restituiscono l’atmosfera della vita delle campagne, per non parlare delle ricette della cucina siciliana del cuoco di Garibaldi Turiddu.
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