CATANIA – Settecento chilometri di autostrade fanno della Sicilia la terza regione italiana, dopo Piemonte e Lombardia, per estensione della rete di dotazione: un importante patrimonio viario che fa parte di un totale regionale di 30mila e 500km di strade, di cui 3mila e 500km di interesse statale e circa 26mila sotto la governance degli enti locali. Eppure la maggior parte di queste infrastrutture funziona solo in modo parziale e non in buone condizioni, al punto che la situazione dei trasporti siciliani è diventata proverbialmente “disastrata” oltre che oggetto di cronaca nelle prime pagine dei media.
Scarsa manutenzione, alto livello di incidentalità e conseguente mancanza di sicurezza, carenza del sistema intermodale, e insufficienza di riqualificazione delle opere sono le criticità che oggi saltano agli occhi dei tecnici ma anche dei cittadini. Entro la fine dell’anno è atteso il nuovo Piano regionale dei Trasporti, e con l’obiettivo di tenere alta l’attenzione sul tema, l’Ordine e la Fondazione degli Ingegneri di Catania, e il Dipartimento universitario di Ingegneria civile e Architettura (Dicar), in collaborazione con l’Asit (Associazione Scientifica Infrastrutture Trasporti), hanno promosso il seminario “Rigenerare la funzionalità della rete stradale siciliana”, che si è svolto oggi (28 ottobre) alla Cittadella Universitaria.
«Il titolo dell’iniziativa è significativo perché rappresenta il fine della ricerca scientifica che il Dicar sta portando avanti attraverso il lavoro dei suoi docenti del settore – ha affermato il direttore del Dipartimento Enrico Foti – i nostri studenti sono all’altezza di progettare soluzioni innovative e sostenibili ma occorrono le opere per mettere in pratica il know how». «Gli Ingegneri di Catania vantano una tradizione scientifica e professionale d’eccellenza su questo tema – ha aggiunto il presidente dell’Ordine Santi Maria Cascone – noi mettiamo a disposizione dei poteri decisionali la nostra rete di competenze, nel tempo arricchita anche di tante giovani professionalità che possono contribuire a dare una visione moderna e funzionale alla rete stradale dell’Isola. È necessario pianificare tenendo conto dei concetti di efficienza e sostenibilità, perché il sistema dei trasporti ha ricadute sul settore economico, a partire dai costi che gravano sui cittadini, nonché sul comparto turistico e commerciale».
Quattro le possibili linee d’azione proposte dal docente universitario dell’Unict Sascia Canale: «Geometria, manutenzione, barriere di sicurezza e luoghi sicuri nelle gallerie – ha spiegato – dove per “geometria” si intendono gli interventi sulla conformazione planimetrica, verticale e trasversale delle strade, in altre parole allargamenti di carreggiata, ricalcolo dei raggi di curvatura, ecc.».
Solo nell’ultimo anno in Italia gli incidenti stradali hanno provocato 3500 morti e 200mila feriti, ecco perché la questione della sicurezza è prioritaria. Il Dicar di Catania sta elaborando studi «per migliorare la viabilità negli incroci – ha spiegato il prof. Salvatore Leonardi, al tavolo insieme al collega Salvatore Cafiso – registriamo ad esempio una continua diffusione delle rotatorie, eppure molte di queste sono progettate senza giusti parametri».
Sull’intermodalità si è soffermato invece Matteo Ignaccolo, anche lui docente del Dicar: «Il più grande difetto dei trasporti siciliani – ha detto – è la mancanza di un sistema integrato. Non ci sono connessioni efficienti e sostenibili tra ferrovie e gomma, fra mezzi pubblici e privati. Non occorre costruire nuove strade ma riqualificare quelle già esistenti secondo una logica di connessione fra le diverse modalità».
Al seminario sono intervenuti anche il presidente dell’Asit Giovanni Tesoriere – che ha sottolineato come «il 60% delle stradi provinciali sia in condizioni fragili e spesso fuori legge» – e il presidente del Consorzio per le Autostrade Siciliane Rosario Faraci. Ospite Bhagwant Persaud, professore di Trasportation Engineering presso la Ryerson University di Toronto.
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