GRAZIA PER GUIDO GIANNI

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GRAZIA PER GUIDO GIANNI

Il 18 Febbraio del 2008 a Nicolosi prov. di Catania tre malviventi, pare invece che fossero in sei, in preda agli effetti della cocaina (come evidenzia il tossicologico) appartenenti al clan mafioso dei Santapaola entrano, pistola alla mano (risultata poi giocattolo ma senza il tappo rosso) , per rapinare una gioielleria.
Dietro il bancone si trovava la moglie del titolare la signora Maria Angela Distefano, intenda a consigliare un cliente, i tre buttano a terra il cliente e incominciano a malmenare la donna colpendola ripetutamente alla testa e al corpo, con l’intendo di farsi dare un bottino più ricco.
Il proprietario del negozio Guido Gianni richiamato dalla grida e dai rumori, esce dal retrobottega ed interviene iniziando una colluttazione dopo avere esploso due colpi in aria a scopo intimidatorio con la pistola che deteneva legalmente nel negozio .
Mentre Guido Gianni entra in colluttazione con due dei tre rapinatori, il terzo , figlio di un esponente del clan, continua a picchiare la donna con la pistola, parte dalla pistola di Guido Gianni un altro colpo che ferisce ad un polpaccio uno dei rapinatori, ma continuano a picchiarlo selvaggiamente, l’arma nella mano di Guido Gianni bloccata, spara di nuovo ferendo gravemente (morirà scappando) un altro rapinatore, nel frattempo il terzo bandito gridando “ammazziamoli tutti”dà un colpo di pistola alla testa della signora che sviene rantolando.
A questo punto la vicenda si fa più complicata, il caos aumenta, Guido Gianni vede la moglie a terra la crede morta, ma vede anche che il rapinatore che picchiava la donna alza la pistola e la punta contro di lui, istintivamente per salvarsi spara e lo ferisce gravemente ma ancora in grado di scappare, Guido Gianni a questo punto va in soccorso della moglie ( sottolineo và in soccorso della moglie) mentre il locale si riempie di gente tra cui i complici che secondo una diversa ricostruzione modificano la scena del delitto facendo comparire l’arma del complice ferito come una pistola giocattolo, poi ritrovata sotto il bancone. Questi rintracciato dai carabinieri intervenuti dirà prima di spirare”se non si inceppava la pistola lo ammazzavo io “.
Si scopre nel 2013 durante l’operazione Squalo che questi tre facevano parte di un commando nato espressamente per fare rapine per conto del clan Santapaola.
Dal 2008 in poi in Procura tutto tace, Guido Gianni è convinto che gli sia stata attribuita la legittima difesa, dato l’efferatezza dell’aggressione subita, però dopo che si scopre la matrice mafiosa del commando gli affari vanno male la gente ha paura ad entrare nel negozio, viene anche fuori che il padre di una dei due uccisi ,mafioso anch’esso dopo l’arresto con l’operazione squalo 2 diventa collaboratore di giustizia è si pente.
Nel 2016 la procura di Catania avvia nel confronti di Guido Gianni un procedimento per duplice omicidio colposo, i tre gradi di giudizio durano 5 anni che rovinano economicamente e psicologicamente tutta la famiglia e che vedono condannare Guido Gianni a 12 anni e 3 mesi. Dal l’anno scorso Guido Gianni si trova a scontare la pena presso il carcere dell’Ucciardone a Palermo. Carcere dove vanno i detenuti pericolosi, con pene pesanti non certo Guido Gianni al suo primo reato, accaduto per difendere la propria moglie, quindi si è voluto ancora di più punire un padre di famiglie e onesto lavoratore. Non entro nel merito della sentenza, le sentenze non si commentano ma si accettano mi vengono però dei dubbi: perché si inizia il procedimento dopo 8 anni a pista fredda? Ci sono correlazioni tra il pentimento del padre di uno degli uccisi e il procedimento? Perché si parla di colpi alle spalle durante una colluttazione? Perché durante il processo si è permesso le ingiurie nei confronti di Guido Gianni? ma soprattutto perché una pena cosi severa da scontare in un carcere lontano e duro per una persona al primo reato?
La moglie da un anno ha presentato una richiesta di grazia al Presidente della Repubblica, attraverso una raccolta firma si vuole dare forza alla richiesta di grazia
(il link per firmare la petizione https://www.change.org/GiustiziaPerGuido )
“ mio marito Guido è una persona onesta che ha difeso mè e il cliente” dice Maria Angela Distefano “non merita di stare in carcere lui che è un artista che crea e non distrugge”.

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