Nonostante il meteo che minacciava pioggia e vento forte il banchetto allestito dalla Federazione catanese dell’USB, in piazza Verga, di fronte al Tribunale, per la raccolta delle firme a sostegno della legge sugli omicidi sul lavoro ha riscontrato interesse e partecipazione da parte di lavoratrici e lavoratori e non solo del lavoro privato. Fra i firmatari anche avvocati e giornalisti. Ma anche le firme di pensionate e pensionati, di precari e di lavoratrici e lavoratori del Pubblico Impiego. Tutto ciò a dimostrazione che le morti sul posto di lavoro sono una questione di primissimo piano, nonostante il governo Meloni, come tutti i governi precedenti, la relegano ad una sorta di emergenza, quasi improvvisa.
“Si continua ancora a parlare di “incidenti sul lavoro” – dichiara Dafne Anastasi, USB P.I Catania – In realtà le politiche governative hanno accentuato l’abuso del sistema degli appalti anche attraverso la privatizzazione del comparto del lavoro pubblico, con l’espandersi inarrestabile della precarietà del lavoro e la ricerca del profitto a tutti i costi. Profitto che sovente rappresenta la ragione per la quale si risparmia sui costi per la sicurezza o addirittura si manomettono gli impianti di sicurezza, aumentando così i rischi di chi lavora”.
“Non si muore per incidenti – spiega Salvatore DArrigo, pensionato – si muore perché la vita di chi lavora non conta
niente per i governi e per i padroni “. “Non sono morti bianche – aggiunge Giuseppe Guglielmino, operaio edile- Le morti sul lavoro non sono incidenti, sono omicidi e come tali devono essere trattati”.
“Introdurre in Italia il reato di omicidio sul lavoro – dichiara Claudia Urzì, USB Scuola Catania- dovrebbe essere un atto dovuto da parte delle istituzioni, invece è necessaria una legge di iniziativa popolare per chiederne l’introduzione”.
“C’è anche chi a 74 anni – denuncia Orazio Vasta, della Federazione Del Sociale USB Catania – muore precipitando dal tetto dove sta lavorando come carpentiere. A 74 anni, considerando la misera pensione, il pensionato era costretto a continuare a salire sui tetti per poter arrotondare il
“reddito”. Ben venga la legge sull’omicidio sul lavoro, ma non dimenchiamo che il criminale è il profitto, contro il quale necessita la lotta delle sfruttate e degli sfruttati”.
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