di Santi Maria Randazzo
Il generale Giuseppe Castellano, accompagnato dalla sua scorta personale composta da cinque uomini armati, teneva stretta la borsa di pelle color marrone in cui custodiva la bozza del testo segreto dell’armistizio che aveva concordato a Madrid ed a Lisbona con il rappresentante degli Stati Uniti d’America e della Gran Bretagna, Sir Samuel Hoare e che,una volta approvato e sottoscritto dal nuovo capo del governo italiano, il generale Badoglio, avrebbe sancito la rottura dell’alleanza politico-militare dell’Italia con la Germania.Era il 25 agosto 1943: ciò avveniva esattamente un mese dopo la caduta di Mussolini da capo del Governo Italiano. Il generale Castellano si stava recando al palazzo del governo per incontrarsi col nuovo capo del governo Badoglio e con il nuovo ministro degli esteri, Raffaele Guariglia, per riferire sull’esito positivo delle trattative segrete, condotte per incarico della Monarchia Sabauda e del Generale Badoglio,iniziativa, inoltre, che aveva avuto il placet del Vaticano. L’esito di quell’incontro tenutosi al palazzo del governo non fu risolutivo e la decisione venne rinviata in quanto quel giorno prevalse la posizione di prudenza suggerita da Raffaele Guariglia che rappresentò la concreta possibilità che un eventuale armistizio separato dell’Italia avrebbe potuto realisticamente scatenare la feroce ritorsione delle truppe tedesche di stanza in Italia. Per non correre il rischio di provocare la vendetta dei Tedeschi Guariglia aveva suggerito di adottare una soluzione meno impegnativa: all’arrivo dell’attesa invasione sul suolo italiano delle truppe alleate le truppe italiane non avrebbero dovuto opporre resistenza alla loro avanzata, deponendo le armi. Prima di incontrare Badoglio e Guariglia, nel mentre saliva con passo deciso e cadenzato le scale del palazzo del governo il generale Castellano pensava che quelle trattative che aveva condotte segretamente con il rappresentante degli Stati Uniti e della Gran Bretagna non fossero a conoscenza dei Tedeschi: ma si sbagliava! Già all’indomani della conferenza di Casablanca del gennaio 1943 nel corso della quale era stata decisa l’invasione dell’Italia partendo dalla Sicilia, il ministro degli esteri del Terzo Reich, Joachim von Ribbentrop, dopo un duro confronto avuto con Mussolini nel febbraio 1943 per l’inefficienza della macchina bellica italiana, era stato informato dall’intelligenze tedesca delle trattative segrete sostenute dalla Monarchia italiana, dal Vaticano e da ambienti militari intenzionati a destituire Mussolini da capo del governo e ad intavolare trattative segrete con USA e Gran Bretagna per poter arrivare ad un armistizio separato e sganciarsi dall’alleanza militare con la Germania. Gli alti comandi militari tedeschi e lo stesso Ribbentrop si erano resi realisticamente conto che a breve gli eserciti alleati avrebbero invaso l’Italia, sbarcando inizialmente in Sicilia e ritenevano che non sarebbe stato prudente contare con sicurezza sulla lealtà dell’alleato italiano, cosa per cui avevano attivato l’intelligence tedesca a cui avevano affidato il compito di reperire notizie riservate sulla volontà degli Italiani.In previsione di quella che appariva la negativa ma realistica prospettiva di dover subire a breve l’invasione da parte degli eserciti anglo-americani sul suolo italiano, le spie tedesche tennero costantementeinformato il comando tedesco di ciò che si stava preparando grazie soprattutto ai loro agenti presenti in Vaticano. Pertanto avendo avuto notizie certe che gli Italiani stavano per sganciarsi dall’alleato tedesco, Ribbentrop ritenne necessario organizzare la realizzazione di una rete segreta di spie e di sabotatori che potesse operare alle spalle degli eserciti degli alleati, una volta che questi fossero sbarcati in Sicilia, per rallentarne la marcia verso la Germania. Tramite il generale Walter Schellemberg, Ribbentrop attivò il responsabile dei servizi segreti tedeschi in Italia, Hebert Kappler, a cui venne commissionata la realizzazione di un piano finalizzato a creare una rete di spie e sabotatori, contando nel supporto interessato di aristocratici e latifondisti meridionali. La Rete sarebbe stata collocata inizialmente in Sicilia e verrà chiamata in codice “Rete Invasione”. Tale rete di sabotatori venne creata al fine di realizzare una forma di guerra non ortodossa sperimentando la teoria e tecnica chiamata “uova del drago” che verrà adottata anche da Mussolini e da Pavolini allorché verrà data vita alla cosiddetta Repubblica Sociale Italiana. In Sicilia, in particolare il piano, che farà capo all’Ufficio VI (Aussenkommando) di stanza a Roma e diretto dal maggiore Karl Hass, assumerà il nome di “Azienda Agricola” e sarà cogestito da uomini appartenenti ai gruppi nazi-fascisti. In una seconda fase dell’attuazione del piano “Rete Invasione” si occupa della sua attuazione anche Heinrich Himmler, capo delle SS, che incarica Kaltenbrunner e Wolff di dare disposizioni a Kappler per creare cinque o sei gruppi di sabotatori da infiltrare oltre le linee nemiche: al fine di facilitare l’attuazione dell’operazione viene creato un ispettore generale, che fosse italiano e che conoscesse bene il territorio in cui la rete doveva essere realizzata.