Nell’incantevole cornice del Palazzo ESA, la Regione Siciliana ha messo in scena uno spettacolo mozzafiato intitolato “Dal PO FEAMP al PN FEAMP: prospettive di sostegno e investimento per le imprese della pesca, dell’acquacoltura e della trasformazione dei prodotti ittici”. Ma attenzione, dietro il sipario delle buone intenzioni si nasconde una commedia dell’assurdo che farebbe arrossire persino Pirandello.
Il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP) 2014-2020 doveva essere la salvezza per la pesca e l’acquacoltura, promettendo competitività, sostenibilità ambientale, reddito economico e responsabilità sociale nel settore. Tuttavia, sembra che il palco sia stato dominato da una recita di sperperi di denaro pubblico, senza pianificazione né programmazione.
Natale Pipitone, Vice Presidente Regionale della Federazione Armatori Siciliani e Presidente di F.A.S. Palermo, ha espresso con sincerità e passione il suo pensiero su questa situazione. Secondo lui, mentre i politici si crogiolano nei loro ruoli da protagonista, i pescatori si trovano in mare aperto a lottare contro i venti contrari di politiche incoerenti e decisioni irragionevoli. Il carburante a costi esorbitanti è solo uno dei nodi gordiani che affrontano, ma sembra che il pubblico preferisca applaudire le grandi lobby dell’importazione anziché dare una mano a chi lavora davvero.
E mentre i politici si scambiano pacche sulle spalle, la pesca siciliana affonda sempre più in profondità. Le quote pesca e i fermi imposti sembrano calcolati con la stessa precisione di una partita a dadi, senza alcuna considerazione per la realtà dei mari italiani. E chi paga il conto? I pescatori, naturalmente, costretti a guardare impotenti il loro settore naufragare.
Ma la commedia non finisce qui. Mentre i politici si contendono il palcoscenico europeo, la pesca italiana si ritrova a fare da spettatrice al proprio declino. L’80% del pesce sulle nostre tavole è importato, mentre i nostri mari sono lasciati a braccia incrociate a osservare lo spettacolo osceno dell’autolesionismo.
E mentre ci chiediamo se piangere o ridere di fronte a tanta incompetenza, la politica continua a navigare in acque sconosciute, senza alcuna bussola morale. Mentre si preoccupano di spot pubblicitari inutili, il settore della pesca si estingue lentamente, dimenticato e abbandonato come un vecchio peschereccio rugginoso.
Ma c’è ancora speranza. È ora che la politica smetta di recitare e inizi ad ascoltare. I pescatori hanno bisogno di soluzioni reali, non di discorsi vuoti e promesse infrante. È ora di fermare questa farsa e dare alla pesca italiana il sostegno e il rispetto che merita. Altrimenti, finiremo tutti a fare la parte del pesce fuor d’acqua in questa commedia senza fine.