Al Brancati in scena Le intellettuali di Molière, vizi e vezzi dell’ intellighenzia, in una commedia di sorprendente attualità
di Alfio Chiarello
Molière e ancora Molière, Intellettuali più Malato immaginario, un uno-due perentorio per inaugurare alla grande la nuova stagione del Brancati di Catania. In ticket con il Teatro Massimo della Città di Siracusa, rinato a nuova vita dopo decenni di colpevole negligenza, la direzione artistica dei due teatri si affida dunque al commediografo francese per un esordio tutto all’insegna del Primum ridere deinde philosophari. La riduzione di Giovanni Anfuso ( a proposito, ottima la traduzione adottata), comprime in due atti i cinque del testo originale, per circa due ore di spettacolo, che non sono poche. Nella commedia le sorelle Amanda ed Enrichetta, diverse per erudizione e aspettative, si misurano sul tema del matrimonio. Le loro opinioni sono devergenti, ma non le loro attenzioni, che infatti convergono sulla stessa persona, Clitandro. Costui, dopo il rifiuto o per lo meno la freddezza di facciata della sorella erudita e snob (Armande), vira sulla seconda, Enrichetta, che trova più a misura d’uomo. Un incontro d’anime mal visto dalla madre delle due ragazze, Philaminte, che non gradisce l’irruzione di un uomo poco istruito in famiglia e vorrebbe come genero il controverso Trissottin, poeta ossequiato e riverito, ma con qualche magagna nascosta. Il padre delle ragazze, Chrysale, del resto, si mostra incapace di prendere in mano la situazione e imporre la propria volontà, anche se coincide con quella della figlia, essendo palesemente plagiato dalla moglie. Inizia un lungo e divertente siparietto al quale partecipano con le loro bizze, la zia, tombeuse d’hommes (ma solo nella sua fantasia), lo zio, un singolare notaio, una serva sgrammaticata e un fantozziano cameriere alle prese con i paradossi di Zenone. Collante di tutto, la fumosità verbale e l’erudizione vacua, anche se spiattellata come un vademecum di promozione sociale e, per le donne, anche di emancipazione. Focus quindi sui vezzi e sui vizi di un intellettualismo malato, trasversale ai due sessi, ma eclatante nella versione femminile, dove la sciocchezza e la fatuità, la saccenteria e la presunzione assumono connotati esilaranti, mentre le citazioni dotte e le astrattezze retoriche, alimentano una divertente invettiva contro la casta. Una filippica brillante finalmente senza peli sulla lingua che sa di rivincita dopo l’auto censura che il commediografo si era dovuta impore ai tempi del Tartufo, quando fustigava ( ma con mille attenzioni) i falsi religiosi. Con Santa Madre Chiesa non si scherza neppure adesso, figurarsi trecento e più anni fa. Campo libero invece per le bordate contro i tromboni, poetastri e sedicenti critici e garbata presa in giro del gentil sesso alle prese con i massimi sistemi. C’è misoginia in Molière? Forse un po’. Ma mai oltre i limiti del politically correct, e comunque sempre al servizio della comicità. E fa sorridere l’idea che tanti temi di straordinaria attualità, non ultimo quello della crisi dei ruoli all’interno della famiglia, ma anche quello dei riti e degli atteggiamenti dei sedicenti uomini di cultura, dei contrasti e delle incomprensioni fra gente comune possano avere trovato posto in una commedia di fine Seicento. Ma è in questo sguardo profondo che il geniale commediografo ha saputo proiettare nel mondo circostante, anche nella borghesia nascente, (perché no?), che risiede la forza della piece. Racchiusa negli schemi della commedia dell’arte (personaggi, lieto fine), ma con dentro tante idee e spunti di riflessione che la rendono moderna. A questo si aggiunga la nota del regista su un’originale concezione del potere, quasi un’astrazione che appartiene a tutti, servi e padroni, colti e ignoranti, maschi e femmine “perché il potere non ha sede, né volto, cambia faccia e posizione a seconda di chi lo detiene”. Un ulteriore spunto di riflessione per coloro secondo i quali il riso fa buon sangue, ma Primum philosophari. Tanto, come in aritmetica, anche nel teatro, cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia.
Sul palcoscenico, Giuseppe Pambieri (Chrysale),Giorgio Lupano (Trissottin), Micol Pambieri, Eugenio Papalia (Clitandro), Roberta Catanese (Enrichetta), Isabella Giacobbe (Armande). Completano il cast Margherita Frisone, Gabriele Casablanca, Davide Sbrogio, Barbara Gallo, Santo Santonocito. La regia è di Giovanni Anfuso.