La Nato Tra Dazi, Groenlandia, Formaggio Pecorino Sardo E Riarmo Europeo In Attesa Dell’invasione Russa

La Nato Tra Dazi, Groenlandia, Formaggio Pecorino Sardo E Riarmo Europeo In Attesa Dell’invasione Russa

 

 

Di Santi Maria Randazzo

Qualche malpensante potrebbe convincersi che Trump con la sua annunciata volontà di annettere con la forza la Groenlandia agli USA e con l’affermazione che gli Europei sono degli scrocconi abbia, provocatoriamente, voluto creare l’innesco reattivo per la destrutturazione della NATO: ipotesi che potrebbe non essere lontana dalla realtà se si tiene in considerazione e si attenzionano le modalità con cui sta cercando di imporre un suo nuovo ordine mondiale da realizzare con un rapporto diretto USA-RUSSIA da cui l’Europa è esclusa. Che, per altro, il ruolo storico della NATO, motivato dalla esclusiva volontà USA di abbandonare la linea politico internazionale di dialogo voluta da Roosevelt attuata con l’instaurazione della cosiddetta Guerra Fredda voluta da Truman, non fosse più rispondente ad essere un deterrente per una improbabile aggressione russa era ed è cosa nota a tutti i governanti europei. Il dato politico è inequivocabile: la NATO non è più un soggetto politicamente rappresentativo delle nazioni che l compongono e sono solamente gli USA a decidere linee politiche e scelte strategiche con la Russia e con il resto del mondo. Per altro la politica dei dazi portata avanti da Trump si colora sempre di più come una posizione che vede nell’Europa non più un alleato-amico ma un avversario. Sul piano strategico-militare dobbiamo considerare che la funzione di minaccia nucleare nei confronti della Russia attestata dalla presenza delle basi missilistiche USA in Europa è ormai un deterrente obsoleto e reso inutile dall’apparato nucleare francese e inglese e dall’evoluzione strutturale del sistema missilistico USA in una improbabile ipotesi che si scateni una guerra nucleare tra USA e Russia. Ma a parte questo, in un ipotetico e improbabile contesto caratterizzato da una aggressione russa ad una o più nazioni europee, si deve necessariamente porre la domanda se l’Europa corre realmente un serio rischio militare sia per quanto attiene alla possibilità che la Russia scateni una guerra con l’Europa o che, nella malaugurata ma infondata ipotesi che ciò accada, l’Europa non abbia oggi la forza militare per reagire ad una aggressione che viene paventata al solo scopo di scatenare e alimentare permanentemente ansie collettive che facilitino l’approvazione di politiche di investimenti in armi per foraggiare le industrie delle armi e per favorire la ristrutturazione dell’apparato industriale tedesco che vuole riconvertire  l’industria dell’auto in industria delle armi ? A cosa servono gli 800 miliardi di euro che la von der Leyen e i suoi compari hanno programmato senza il voto del Parlamento Europeo, se si tiene conto che le singole nazioni europee hanno investito in armamenti una quantità di denaro pari a quattro volte il denaro che ha speso la Russia per il suo apparato militare, se non a far pagare agli europei il costo della sua riconversione industriale che dovrà essere alimentata e sostenuta da acquisti da parte delle altre nazioni europee? L’Europa, come somma degli apparati militari delle singole nazioni è di gran lunga superiore, come mezzi e uomini, al potenziale bellico della Russia e non ha motivo di temere né una aggressione militare russa né una debacle militare nel caso di una assoluta improbabile aggressione. La funzione della NATO, così come è stata definita all’atto della sua creazione, è ormai cessata e non può essere rinnovata o rialimentata per sostenere le esigenze delle industrie belliche statunitensi o i programmi politici trumpiani: sarebbe forse opportuno che l’Europa si doti di un proprio sistema di difesa, di un proprio esercito, uscendo fuori dalla NATO pur rimanendo alleata con gli USA. Potrebbe essere la consapevolezza che la creazione di un esercito e di una difesa europei avrebbe la logica conseguenza di uscire dalla logica e dalla struttura NATO, il motivo per cui non decolla il progetto di difesa comune europea. In questo contesto possiamo, con nostalgia, ricordare quando il Presidente Segni minacciò l’uscita dell’Italia dalla NATO quando gli USA introdussero forti restrizioni alla esportazione del PECORINO SARDO negli USA.

 

 

 

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